santa pazienza

protettrice di chi si ama. che sia una coppia sposata o di fatto accompagnata. che sia etero, omo o bisestile. che sia amore o ardore o bruciore. che brucia sempre l’amore, per orgoglio o per ripicca.

santa pazienza proteggimi dai suoi malumori quotidiani, dalle abitudini, dagli scatti d’ira e di contatore.

fai che le parole restino sospese in gola, o escano in silenzio, in smorfie d’espressione

fa che non smetta di dirmi che gli piacevo un sacco. anche se per  il verbo passato lo sberlerei.

fai che le solite cose restino solite e che le insolite non ci distruggano. lasciaci raccontare di quanto ci volevamo bene e lasciaci credere che sia vero. non portarci a rileggere il diario del passato, quello che ci mostra che le incazzature passate sono le stesse di oggi e che non si impara niente e si continua a sbagliare.

santa pazienza dammi la mano quando mi chiede di cenare a schifezze, dammi un sorriso da incollarmi in faccia al primo sintomo di noia. non farmi rispondere con urli sterili che fanno male alla mia gola e ti prego fa che non si accorga che sono passati trentanni. da quel 14 febbraio in cui scherzando mi disse “io ti sposerei”

le minacce non cadono nel vuoto

 

di questa torta di mele è rismasta questa forma a p di pà. di pazienza e di pietà per l’orenda foto. mai detto di essere fotografa. (però lo sparso ha promesso uno scatto dei suoi) la semplicità è commovente come la frase ti voglio bene quando senti che ti manchi.

un kg di mele gialle e brutte, 150 grammi di farina integrale bio, 1 uovo, un bicchere grande di latte, cannella, chiodo di garofano, buccia e succo di limone naturale, una manciata di uvetta rinvenuta nel porto (o acqua) mezza bustina di lievito.

tagliare con santa pazienza le mele sbucciate a pezzettini, irrorarle con il succo di limone, mettere in attesa. sbattere nella ciotola uovo, zucchero, farina, allungare il composto con il latte, aggiungere lievito e uvetta con tutto il porto. mettere anche le mele e sistemare tutto in una teglia rettangolare di alluminio foderata di carta forno. cuocere a 200 gradi per 50 minuti forno ventilato girandola dopo mezz’ora per colorarla uniformemente (o è solo il mio forno che colora a muzzo?)

per dire a qualcuno quanto ti piace (la torta) tagliala e mangiala lasciando le tracce della lettera ch vuoi.

 

ps*

non ho mai buttato un diario. in quella del 14 febbraio di 30 anni fa, quella in cui io e pà stavamo insieme da due mesi, di domenica, scrivevo che era bravissimo a rovinare le serate. dopo giornate perfette.

non nominavo santi. forse li avevo tirati giù tutti.

*era santa pazienza anche allora.

 

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