Storie sotto al casco

da sempre le donne si lavano capelli come coscienza. ed è nelle chiacchiere avvolte ai bigodini il segreto dell’equilibrio. credo che la necessità di psicoanalisi sia nata molto tempo dopo. e per colpa di saloni troppo asettici e perfetti, dove il cliente è un appuntamento e non un pettegolezzo.

Primo racconto.

Luigina arrivava sempre prima dell’ora segnata. Si offriva di assaggiare quel che c’era e sistemare giornali, ma era soltanto quando si accomodava al lavatesta che iniziava a raccontare.

lei –     m’è an capéss. al scorr tottì d’la roba cu’ha da sintì quand cus fa chi lavur in te lèt, me an ho mai sintù gnit
(io non capisco, parlano tutte di quella roba che si deve sentire quando si fanno quei lavori nel letto, ma io non ho mai sentito niente)

io –     si dice godere Luigina, raggiungere l’orgasmo! – (gridolini femminili nel finto sconcerto generale)

lei –    bè alora m’è an l’ho mai fat! un mè mai zuzèst –  (allora io non l’ho mai fatto, non mi è mai successo)

loro – mò cs’a dìt! ta l’è avù neca tè (ma cosa dici, l’hai avuto anche te)

lei-     sat deg d’no, vut c’ana sepa me! (se ti dico di no, vuoi che non lo sappia io?)

sembrava un gioco al ritrarsi dalla felicità del peccato, un allontanarsi da quella pratica per cui molte donne la davano in giro e molti uomini ne vantavano numeri. le voci si accavallavano una sull’altra, mi sembra di riconoscerle tutte, la risata divertita, l’espressione colorata, l’incredulità di tutte.

loro – ma quando tuo marito veniva a letto e facevate quella roba, non sentivi niente?

lei –    fastigi. (fastidio) an avdeva l’ora che finèss! (fastidio, non vedevo l’ora che finisse)

una –  ah no, a me um’ piés dimondi (a me piace molto)

altra – i ha dèt in televisiô che al don al n’è toti pracisi. (han detto in televisione che le donne non sono tutte uguali) l’è l’oman cl’à da zarché

lei –    sut che zìrca! um vè sōra, e fa quel cl’à da fé e pù us met a durmì. (cosa vuoi che cerchi! mi viene sopra, fa quello che deve fare e poi si mette a dormire)

io – devi guidarlo tu Luigina!

lei – guidarlo? non ho mai voluto prendere la patente! figurat te!

la prima rivoluzione, le donne, l’hanno vinta imparando a godere. senza sensi di colpa o sentendosi peccatrici. imparando a godere delle carezze del marito. una emancipazione che non è cosa scontata nel retaggio culturale che vedeva la moglie brava donna e l’amante quella a cui regalarsi.

questo è il mio modo di festeggiare le donne, il compleanno del mio diario online nato oggi, sette anni fa  e, quell’universo femminile che ancora si trova nei saloni delle parrucchiere, a confessare l’inconfessabile senza dover recitare troppe avemaria. scriverò una storia l’8 di ogni marzo. i nomi di questi racconti sono di fantasia, le storie non lo posso assicurare. il dialetto mi serve da passaggio fra quel che ero, che sono e ho nel cuore.

nb

il video che suggerisco di guardare e conservare, come la foto di copertina, sono parte di un progetto della fotografa americana robbiekaye , raccontare con le immagini le ultrasessantenni fedeli all’appuntamento con il parrucchiere. ci credete se vi dico che ogni immagine arriva direttamente dalla mia infanzia?

8 marzo, casco per capelli, confidenze, emacipazione, festa delle donne, parrucchiere

Commenti (6)

  • quei bellissimi visi solcati di rughe ma anche molto curati, gli sguardi intensi, fieri di chi ha visto, sofferto, gioito…Vissuto, e che adesso si gode consapevolmente la parte della vita in cui, si è finalmente capito che le uniche aspettative che vanno soddisfatte sono quelle verso sè stesse, ecco, questi visi intensi mi trasmettono tanta, tanta serenità e altrettanta fiducia nella Vita.
    Grazie Silvia, il tuo è proprio un bel modo di festeggiare le Donne, come sempre sei unica e inimitabile!
    (io mi sono limitata a infiocchettare primule colorate da regalare alle amiche e alle vicine. un gesto semplicissimo e spontaneo: “fare” qualcosa di bello da donare a qualcuno mi rende sempre felice. una cosa piccolissima ma, da come sono stata ripagata, deduco che quello ci manca sono proprio le cose piccole, piccole ma fatte con il cuore. a parte i ringraziamenti del momento, gli abbracci, i sorrisi, mi sono giunte telefonate di ringraziamento anche il giorno dopo, da chi era assente e perfino un bel dolce “perchè sei stata così carina!”.
    Basta davvero poco per mantenere quel filo che ci unisce…

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