a lezione di romagnolo

questa l’è la rizèta dal mi tajadèl:

qvel cui vo:
una zemna* ad farèna par ogni ov, piò quel cl’aj vó par la sfoja
un tulìr, un sciadur, e ó cut guérda
trì ov al a vólta, si no l’è tropa fatiga.
l’ov l’ha d’avé e tòral zal, che la mnestra sbiavda l’an va brisa bé

cum cus fa:
in se tulìr, la mi mâma, l’aj miteva trì zemne ad farèna, òna pr’ogni ov
e pu la faseva la funtana, l’aj rumpeva agli ovi in mez e con la furzèna l’aj armiscléva
infèna a quant us faséva ora ad’druvér al mân
e pù la faséva una palèna e l’aj mitèva un sachet insóra.
cun e sčiadur la cminzeva a stendar la sfoja, fasènd cun e cùl che muviment che i guardeva tot i’oman
una bota ad qua e ona in là
infèna a furmé una sfoja tonda, zàla coma un sol e grosa coma zenc french.
La miteva sò l’aqva e l’aj faseva tu e bulòr, pu l’aj miteva un pogn ad sel e quand la sfoja l’era pronta da tajé, cun la curtèla,
la faseva un rutulì e la faséva che batù in se tulìr ch’ an so piò steda bona ad sintì.
La butèva zò al tajadèl in t’aqva e quand agli avneva so, un bulòr e agli era pronti.

la mia ricetta delle tagliatelle.

quello che ci vuole:
una zemna* di farina per ogni uovo, più quella che serve per la sfoglia.
un tagliere, un mattarello e uomo che ti guarda*
tirare tre uova alla volta che altrimenti è troppo faticoso
l’uovo deve essere a tuorlo giallo, che la minestra* pallida non va bene

*unità di misura per la farina di tutte le arzdore romagnole: mettere le mani unite a cucchiaio come quando dovete raccogliere l’acqua per bere a una fontana.
*l’uomo serve a sollecitare lo sculettamento che serve per stendere la sfoglia. Più l’uomo è interessato, più il movimento ondulatorio si accentua, più la sfoglia viene tonda e lissia
*minestra in romagna è tutta la pasta, se è in brodo si chiama minestra in brodo

come si fa:
sul tagliere, la mia mamma, metteva tre zemne di farina, una per ogni uovo, poi faceva la fontana, rompeva al centro le uova e le lavorava con la forchetta fino a quando non era ora di usare le mani. poi faceva una pallina e ci metteva un sacchetto sopra.
con il mattarello cominciava a stendere la sfoglia, facendo il movimento di sculettamento ondulatorio che spiegavo, fino a ottenere una sfoglia, tonda, gialla e grossa come 5 lire
metteva su l’acqua e la faceva arrivare a bollore, poi metteva un pugno di sale e quando la sfoglia era pronta per essere tagliata con la cortella* la arrotolava e faceva sul tagliere quel rumore costante e preciso che non ho più sentito. buttava le tagliatelle nell’acqua bollente e le scolava dopo un attimo che erano salite in superficie. un bollore ed erano pronte

questo ho fatto a casacortella, (il 23 marzo di un anno fa) che non c’era casa migliore e più deputata per una tagliatella, tagliata, a cortella*
*cortella: femminile, romagnolo, a lama rettangolare, alta e piatta

il 21 maggio vi aspettiamo per il piadina party, che i corsi di romagnolo bisogna ripeterli almeno una volta l’anno. me ai sò, e vo?

casacortella, corsi di cucina romagnola, piadina romagnola, scuola di cucina

Commenti (2)

  • questo è un post che vale un patrimonio. patrimonio dell’Umanità. c’è tanto di quello che non dovrebbe andar perduto: il dialetto (cioè le radici delle parole di oggi -senza per questo cambiare quelle dei cartelli stradali, tanto per non essere fraintesa); il saper fare, l’importanza dei gesti, la sintesi estrema eppure mai che privi di un pò del significato (per tradurre “zemna” occorre un discorso intero!); il cibo buono e sano che, prodotto da sè, acquisisce ulteriore valore e gusto. Apprezziamo e valorizziamo questo saper fare che ancora ci rimane e cerchiamo di carpirne il senso profondo e la capacità di impararlo e tramandarlo perchè se si spezza il filo fra il prima e il dopo, rischiamo grosso.

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