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il momento di dire addio

una casa vuota di vita, ma non di cose mi aspetta.

una casa e un paese da cui sono stata volutamente lontana, per non sentire la lama dei ricordi affondare dentro me.

una casa in cui sono stata felice, così inconsapevolmente felice allora, così consapevolmente impreparata ora.  le risate di mamma, le sgridate di babbo, anche il ricordo di nonna che mi correva dietro, in cortile, con la scopa per suonarmele, oggi mi fa sorridere. le tavolate con gli amici dei miei, i saluti della gente che non mancavano mai.

oggi scrutano dalle tapparelle per vedere se “sgombriamo” se togliamo il peso di una casa vuota, se vendiamo, se lasciamo mobili, se possono ferire in qualche modo, lamentandosi dell’erba alta. sordi al mio sentire lacerante.

l’infanzia felice forma la persona, ma la rovina per sempre alle aspettative. perchè ti aspetti dagli altri sorrisi e comprensioni, sostegni e lealtà, vicinanza a prescindere. invece è l’egoismo che si compra con la spesa quotidiana, lo infilano a nostra insaputa nel sacchetto. dev’essere così. (anostrainsaputa è la tendenza no?)

apro il cancello, infilo la chiave nella porta e vengo assalita dal quando eravamo tutti e non solo io. dal  quando ci si rincorreva fra le stanze per darsi un bacio dispettoso, la cucina, il tinello, il muro con i miei numeri di telefono scritti, che gli ultimi anni ci voleva pazienza. e la camera buona con il carrello di ottone e tutti i ninnoli sopra, il servizio di caffè in acciaio amc che ho sempre detestato e la stanza dove mamma lavorava e l’odore che c’è.  poi su per le scale, armadi di abiti luccicanti di paillettes, che le sale da ballo erano il sabato e la domenica di una coppia che non si è separata mai. sono il fantasma di me stessa in questa casa e nei sacchi metto abiti e cravatte e cappotti vintage e gabardine …in realtà vorrei metterci me. e lasciarmi coprire di ricordi di casa.

e

il momento di dire addio non è questo. ma devo. e non riesco e divento sorda ai doveri e mi sospendo da me stessa e prendo tempo e perdo tempo.

e oggi metto su il brodo, come lo faceva la mamma: in una pentola grande di acciaio inox un pezzo di gallina, un doppione di manzo, una carota una cipolla con chiodo di garofano, pezzo di sedano, sale grosso e acqua fredda, lo metto sul fornello  la mattina presto lo lascio bollire fino all’una passata e poi preparo tagliolini che sono quelli sento sulla pelle e nel cuore.

(il dentice avvelenato lo cucino appena posso preparare una tavola abbastanza grande e sgombra di cose da pensare)

ps: del brodo e delle mie considerazioni sul brodo e altro ho scritto un pochino di tempo fa anche qui

 

babbo, decluttering, mamma, vita, vuotare casa

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