il febbrone di febbraio
piedi freddi, brividi, male agli occhi.
sono un uomo io, e trentasette, per me, è già febbre alta.
durata un paio di giorni e poi di nuovo in giro, che sarà mai.
poi, il pensiero fisso dell’intervento che avrei dovuto fare a breve, la paura e il fatto che non riesco davvero mai a dire di no e, mi si incastrano le ore una dentro all’altra, deve avermi abbassato le difese immunitarie e favorito la ricaduta.
nel baratro dell’influenza più cattiva che la mia memoria ricordi.
tosse, di quella tosse che ti prende male alla schiena e devi tossire ancora e vorresti sputare i polmoni e la gola.
trentotto e passa di febbre e mal di testa, occhi, collo che non riesci a tenere occhi aperti e cervello in moto, puoi solo abbandonarti al cuscino, avvolticchiarti nel piumone e sperare di crollare svenuta per non sentire più quel dolore costante.
mal di schiena da “sdraiatura prolungata”, dal lunedì al sabato, senza sollevarsi se non per la pipì, per bere le spremute che mi portava pà e far sentire al medico se doveva abbattermi.
niente tv, radio, telefono. niente san remo (ohhh che rabbia). niente bandegga alle fontane. niente mangiare. niente medicine. (che il doc ha detto che la febbre è l’unica arma che ha il corpo per combattere l’influenza)
mi sono fumata così una settimana intera, quella successiva l’ho trascorsa a prepararmi per un intervento e quella dopo ancora in convalescenza.
poi è arrivato marzo e quella voglia di rimettere le gambe in movimento che non mi ha quasi mai abbandonata e la necessità di rimettermi a fare che le idee mi sedimentano in testa e fan confusione.
e niente. volevo scriverlo che aver paura è orrendo ma quando passa è meraviglioso. adesso mi impegno a togliere il grigio dalla pelle, che porca miseria ci vuole un attimo a crollare, quando stai già scivolando.
nelle foto le mie medicine:
– infuso zenzero, mela e miele
– tagliolini in brodo di pollo con “forma” e noce moscata