pollice verso
ho approfittato del mio pollice da autostoppista innumerevoli volte.
quante volte figliuola?
- la prima volta sul gargano, con le amiche, per raggiungere roma, ma erano ancora gli anni 80 ed eravamo così libere di far cazzate che non ci è sembrato pericoloso neanche un istante.
- poi a milano, quando, per non perdere il treno che mi avrebbe riportata a casa prima che facesse buio, ho chiesto passaggi a tutti, battendo sul finestrino, urlando, supplicando:
– a ragazzi neopanetetati
– a vecchietti alla guida con cappello
– a ciclisti e mi han portata in stazione sul cannone, me e il mio computer “e mi dai un bacio per ringraziare? e no, che sei già un ricordo bellissimo”
– a scooteristi (ricordo perfettamente il casco sottosella che mi infilò in testa, pieno di mosto, tre km in scooter con il nugolo di moscerini in testa)
– al furgone delle onoranze funebri “ci spiace siamo pieni” - da un punto imprecisato dell’uscita autostrada di rimini a rimini congressi (da faenza chiesi passaggio a polly, che per lavoro ci andava vicino, poi col pollice nessun problema e attesa zero.
- dalla stazione di forlì (treno soppresso) a forlì quartiere cava, primo passaggio ricevuto da un ragazzo dolcissimo che doveva andare a cena dalla sorella, “altrimenti ti portavo a faenza di sicuro, perdonami”
- dal quartiere cava a faenza ufficio, pollice verso e si ferma un’auto con 4 ragazzi giovani, di colore. “vuoi salire? ti fidi? no ragazzi siete voi che dovete fidarvi di me”
una scelta obbligata
in questi anni senza auto, dal 2012 a metà 2017, chiedere passaggi è diventata una necessità, non solo a vicini e vicine per andare in stazione, che la valigia in bici non si carica davvero. a passanti, ad amici, a sconosciuti.
e sempre, sempre, ho trovato gentilezza, disponibilità, comprensione.
ci ho guadagnato meno strada da fare a piedi, chiacchiere, umanità, sorrisi e quella sensazione di essere parte della vita di qualcuno, per un attimo brevissimo ma non indifferente.
autostop russi faenza
ero in stazione a lugo, in attesa del treno per faenza, impegnata in una lunga chiamata facetime. e parlavo e un treno è arrivato.
e parlavo e un altro è arrivato, binario1, sono salita parlando, ascoltando, sorridendo*
il treno si ferma, saluto, sorrido e leggo bagnacavallo. dai non è possibile che per andare a castelbolognese il treno passi da bagnacavallo, ma che giro fa?
aver sbagliato treno, a quel punto, era più di un sospetto, ma ho avuto la conferma dalla badante rumena che mi ha elencato godo, russi e ravenna, come prossime fermate. non ho avuto il tempo per panico o nervi, mi sono insultata innumerevoli volte sfidandomi: hai creato il problema ora lo risolvi.
hai un’ora di tempo per arrivare a faenza.
scendo a russi e cammino l’operaio con la pettorina mi guarda e si stupisce.
non c’è tanta gente che si sposta a piedi alla stazione di russi, ma quando mi vede tirar fuori il pollice verso faenza e fare l’autostop scoppia davvero a ridere. lo so, faccio questo effetto.
sono arrivata sulla strada principale ed è qui che i confini dell’altruismo sono stati superati.
una mamma che aveva appena ritirato la piccola al nido mi ha vista, ha fatto inversione e si è fermata “dove devi andare? a faenza, ho il doposcuola alle 13e30 – hai lo sguardo disperato, sali”
e non solo mi ha dato un passaggio, lei mi ha portata a destinazione entro l’ora prevista, facendo una quindicina di chilometri in più, in direzione opposta alla sua.
per tutto il viaggio si è raccontata,( l’endometriosi, la sua difficoltà per restare incinta, finalmente la figlia, i nonni lontani, il senso di inappropriata stanchezza materna) ecco, io penso che certe cose succedano perché altre ne devono accadere e la mamma che è venuta in mio aiuto, l’ha fatto perché ha sentito che avrei potuto ascoltarla e ci siamo trovate per un tratto di strada insieme e alla fine eravamo due donne meno sole e più felici. *questa sono io. mi capita di lasciarmi prendere dall’entusiasmo e far confusione ed essere sull’orlo dell’adesso come faccio. poi smetto di pensare e faccio. (come dice la mia vicina, dai silvia, ti è andata bene, potevano succederti delle robe brutte…ma io mi fido, delle persone e di me.
ringraziamenti
grazie per i passaggi a tutti, davvero a tutti, anche agli amici che per molto tempo mi son venuti a prendere da casa grazie per l’immagine di copertina a mariella, collega, amica, matita bravissima, architetta del mio cuore. ps: l’ho già detto che questa quarantena mi ha messo la sghizuvaglia di fare? compreso completare le decine di bozze in sospeso nel mio blog e questa era una di quelle, datata settembre 2016.