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a letto con il prete

arrivava con la paletta piena di braci roventi, il fazzoletto alla testa legato sotto il collo come a tenere la pelle cadente, il grembiule nero a fiorellini e il grembiale sopra, le calze di cotone pesante fermate da un elastico nero alla coscia. “spostati che ti metto il prete nel letto!” e adesso vai a dormire. dal suo metroequaranta ci comandava a bacchetta tutti, la nonna. era quello che io definisco un trattore. sempre in moto. fuori e dentro casa, con temperature che ricordo infinitamente più basse di adessso. per noi che si stava nella bassa romagna, vicino al fiume, le sere erano di nebbia e gli inverni lunghi. il camino era nei “bassocomodi” e le braci arrivavano in casa per essere messe nel prete, messo a scaldare le coperte. la ricordo come fosse ieri la sensazione della stanza gelida e del caldo a contatto con le lenzuola. poi le comodità sono aumentate. il prete è diventato elettrico e poi le coperte scaldanti hanno preso il suo posto e poi basta. ora le stanze devono essere raffreddate e non scaldate, ma ripensando alle mie passate epifanie, quando le calze erano calze nere, piene di mandarini e carbone vero, boeri e ceci, quando era la sera del mio compleanno (che però lo festeggiamo domani che è festa), quando ero bambina, la befana era la nonna e io la spiavo per vedere se alla mezzanotte la vedevo volare. poi tornavo sotto le coperte. tiepidine ormai, che il prete si era freddato.

trovato svuotando la cantina della fu casa delle suocera. ogni casa è famiglia. ogni prete è da letto? ma soprattutto perchè si chiamava prete? (una spiegazione non molto “etica” mi è venuta in mente ma…sarà…?)

 

befana, compleanno, le mie ricette, passato

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