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quando abbiamo smesso di dirci ciao

è stato forse quando ci siamo chiusi in casa a guardare dentro uno schermo che ci voleva distratti e ora ci vuole uniformi?
è stato quando abbiamo rinunciato ai cortili, ai parchi gioco?
quando abbiamo sistemato altalene e scivoli in ogni singolo giardino, per non mischiare i nostri sorrisi con avventori sconosciuti?

quando è successo che abbiamo smesso di dirci ciao?
indifferenti agli altri, che interpelliamo solo per parlar di noi. indifferenti al bene comune che consideriamo di competenza altrui.
indifferenti a qualsiasi dolore che non sia il nostro. sempre più grande,  più meritevole di attenzioni, più giusto.

abbiamo smesso di dirci ciao guardandoci negli occhi. ci guardiamo addosso forse. con quella malcelata invidia secondo cui l’altrui è migliore.
abbiamo smesso di dirci ciao puntando il dito contro qualsiasi azione compiuta. che sia destra o sinistra, buona o cattiva. criticata sempre.
abbiamo smesso nell’attimo in cui sentirci soli era impossibile, perché costantemente sollecitati ad apparire. a uno specchio. che è spesso il social che ci creiamo.

specchio delle nostre abitudini, dei nostri desideri, del pubblico che ci siamo scelti.

giostrina

 

bandiera di questi pensieri questa giostra, vista in un cortile durante uno dei miei pomeriggi a pedali. la ricordavo nei parchi, nei giardini degli asili, nelle scuole.
era simbolo del lavoro di squadra, si girava finché tutti tiravano dalla stessa parte. e anche allora ricordo che capitava il coglione che, per “ischerzo”, si metteva a tirare dalla parte opposta.
ora la giostrina è cimelio in casa privata. perché trovare più di due bambini che han voglia di giocarci insieme è difficile, non ha play, non ha on, neanche off.

e a proposito del ciao. io saluto. sorrido e saluto. non è una malattia, fidatevi. e fa bene a tutti. sorriso e saluto. e gioco. mettiamo queste pratiche strane nella to do list del nuovo anno

lamentiamoci, riflessioni, vita

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